Chiamami per nome di Michielin e Fedez

Chiamami per nome di Michielin e Fedez

Da qualche settimana riecheggiano nelle orecchie i versi della canzone arrivata sul podio a Sanremo “Chiamami per nome”.
Nel video i due cantanti, Francesca Michielin e Fedez, si esibiscono da soli in diversi teatri vuoti. Un modo per farci riflettere sulla crisi che sta ancora colpendo il mondo dello spettacolo e un forte richiamo a quello che stiamo vivendo in questo tempo di continue chiusure e solitudine forzata. Cantano per un pubblico che non vedono, ma che sanno che c’è.

Anche per Maria è iniziato tutto così: una donna e il suo interlocutore, da soli, per intonare un canto di annuncio e poi di gioia (il Magnificat), passando attraverso un piccolo “sì” che non è detto a(l) vuoto, ma rivolto a quelle persone che ancora non si vedono, che verranno dopo e che da quel sì saranno rigenerate, come quando si ascolta una canzone che fa stare bene!  Inizia così la storia della salvezza, da un sì, preceduto da un sentirsi chiamare per nome. La chiamata avviene, come per la protagonista del brano, in una giornata ordinaria:
“Oggi ho una maglia che non mi dona
Corro nel parco della mia zona”

con un abbigliamento poco pensato ma che poco conta perché nel cuore c’è un desiderio:
“Ma vorrei dirti: non ho paura
Vivere un sogno porta fortuna”

Quante volte anche nelle nostre vite, da incontri inaspettati sono nate relazioni belle, che hanno stravolto la nostra vita? La prima reazione, come avviene per Maria, è sicuramente l’essere turbati, spaventati, chiedersi cosa ci aspetterà. Maria sa già in cuor suo che in quella chiamata ci sono
“Certi inizi non si meritano nemmeno una fine”

ossia il Dio che si fa carne per salvarci tutti, passando attraverso l’esperienza più umana di tutte, la morte. Chissà quante domande, paure hanno attraversato allora in quel momento il cuore di Maria, sarà stata tentata di dire di no?
“Le mie scuse erano mille, mille”

Avrà sentito dentro di sé il dolore che la aspettava, quel “anche a te una spada trafiggerà l’anima (Lc 22, 35b)”?
“E nel cuore sento, spille spille”

Ma poi, l’abbandono, la fiducia:
“Prova a toglierle tu, baby”

Nel vangelo di Luca, quando l’angelo la chiama per nome le dice “Non temere, Maria”. In quella chiamata siamo amati e rassicurati al tempo stesso, ci viene detto di non aver paura perché ciascuno di noi è chiamato per nome, per far splendere i deserti che ci circondano. E solo dal momento in cui ci si abbandona, allora si comprende di avere nel cuore il desiderio di quella chiamata, quasi a supplicare, a chiedere che sia pronunciato ancora il proprio nome, tanta è la gioia incredula che accompagna quell’annuncio:
“Chiamami per nome
Solo quando avrò
Perso le parole
So che in fondo ti ho stupito arrivando qui da sola
Restando in piedi con un nodo alla gola
Chiamami per nome
Perché in fondo qui sull’erba siamo mille, mille
Sento tutto sulla pelle, pelle
Ma vedo solo te, baby”

È tutto reale, non è solo nella sua testa, la chiamata avviene in un luogo e in un tempo concreti, quelli che siamo chiamati a vivere e solo quando noi smettiamo di far parlare i nostri dubbi e perdiamo le parole, allora possiamo cogliere il nostro nome pronunciato con amore. Sta a noi fare silenzio, discernere tra le tanti voci che ci abitano e compiere quel primo passo che solo noi possiamo fare. Ci viene chiesto magari di rinunciare a qualcosa di bello, ma per qualcosa che ci nutre e ci da’ vita:
“Rinunceremo all’oro
Scambiandolo per pane”

Perché nella risposta a questa chiamata intuiamo che oltre al dolore, oltre alle rinunce, c’è qualcosa di più grande che si sta realizzando, la promessa, non serve siano tante, perché è quella per te, che il Signore vuole realizzare con te.

“Le promesse sono mille mille
Ma non serve siano mille
Ora che ho solo te, baby
Te, baby”