Lux di Adolfo Wildt

Lux di Adolfo Wildt

Imparare a dire “NO”…è una frase che abbiamo sentito ripetere tante volte in questo periodo in seguito alla tragica morte di Giulia Cecchettin. Imparare a dire dei “No” ai piccoli che ci sono affidati per educarli all’attesa, alla sorpresa del dono e non del prendere tutto ciò che si vuole, quando lo si vuole, anche con la forza, dei “No” che fanno crescere, dei “No” che formeranno il carattere degli adulti e delle adulte di domani. Capiamo che questa semplice parola, NO, si presenta con tutta la sua potenza e il suo valore educativo. Quante volte ci siamo sentiti dire che dobbiamo “saper dire dei sani no”? Ed è così che talvolta diciamo “No” a un servizio, “No” a un tempo gratuito donato all’altro, “No” a una richiesta d’aiuto, “No” a ciò che ci distoglie dal raggiungere i nostri obiettivi, quando invece si tratta piuttosto di imparare a dire “No” a ciò che riempie fino alla saturazione la nostra vita, spesso piena di troppe cose e perciò non vissuta in pienezza.

Il brano di oggi ci pone però davanti alla parola opposta alla precedente, ad una giovane che dice “Sì” che, letto nel contesto sopra descritto, ci sembra quasi una parola negativa, quella di chi subisce, anche ciò o chi non gli o le fa bene. Maria ci insegna che un “Sì” vuol dire non tanto accettare ma accogliere, anche un annuncio che spaventa, un compito che sembra più grande di noi, un destino che porterà dolore. Maria dice “Sì” a un figlio che verrà ucciso brutalmente e ingiustamente, per le invidie e la sete di potere degli altri…e lei, in fondo al cuore, già lo sa. Dice “Sì” lo stesso. È lo Spirito che la guida a dare questa risposta, che la sostiene, che le darà la forza di affrontare tutto.

C’è un’immagine dello scultore Adolfo Wildt che si intitola Lux, luce.

L’opera rappresenta volto della Vergine con due stelle che le sigillano le palpebre, come quelle del manto che le avvolge il capo. L’artista sembra dirci che non è possibile rappresentare gli occhi “soprannaturali e irriproducibili della Madonna”, non è possibile comprendere ciò che hanno visto, dobbiamo rispettare questo riserbo che la rende la madre di Dio e che quasi imbarazza l’artista che sembra non riuscire a guardarla negli occhi. Le stelle ci ricordano che Maria è chiamata anche “Stella Maris”, guida dei naviganti, è lì per orientare il nostro cammino, per farsi accanto, per mostrarci che tutti abbiamo sofferenze che gli altri non possono vedere, non possono capire, non possono portare, perché personali e private. Al tempo stesso ci dice anche che il dolore che lei ha patito è universale e condiviso, proprio come il grido di tanti e tante giovani che si è alzato in seguito alla tragica fine di Giulia. Se tante voci che si alzano all’unisono fanno rumore, tante stelle insieme possono rischiarare anche la notte più buia. Il titolo “Luce” arriva così a descrivere l’identità della protagonista: Maria è colei che dà (al)la luce. Si può dare luce a chi ci sta accanto solo dopo aver accolto l’altro o la missione che ci viene chiesta, solo dopo aver detto “Sì” alla vita, con le sue sfide, le sue fatiche e i suoi atti di fiducia. Siamo giovani, è vero, ma già ora e ogni giorno, siamo chiamati a scegliere quando è il momento di dire “Sì” e quando di dire “No”, consapevoli che anche una parola così piccola può avere esiti più grandi di noi, nel dare vita e nel toglierla.