Fu ghigliottinata a 21 anni, su sentenza del Tribunale del popolo di Monaco di Baviera, il 22 febbraio 1943, per tradimento contro lo stato e il Führer. Insieme a lei vennero decapitati il fratello Hans, Christoph Probst e, due mesi dopo, Alexander Schmorell, Willi Graf e il loro professore di filosofia, Kurt Huber. Sophie amava la danza e le buone letture. Insieme agli altri aveva dato vita a la Rosa Bianca, piccolo gruppo di resistenza antinazista. I cinque giovani, insieme al professor Huber avevano sfidato il regime nazista, stampando e diffondendo clandestinamente in Germania e Austria sei volantini contro Hitler. Quei fogli raccontavano gli orrori che si stavano consumando ai danni degli ebrei.
Giovedì 18 febbraio 1943, Sophie Scholl e suo fratello Hans, distribuirono gli ultimi volantini stampati, nei corridoi dell’università. Il custode però li vide e la Gestapo fu chiamata immediatamente. Sophie e Hans furono arrestati. Tutti quelli che ebbero occasione di vederli durante i giorni di carcere rimasero fortemente colpiti dal coraggio e dalla serenità del loro atteggiamento. I secondini, in seguito, raccontarono che tutto il carcere rimase impressionato dal coraggio con cui i tre affrontarono la morte, dal loro sguardo mite e determinato. La Rosa Bianca fu qualcosa forse di unico nella storia della lotta ai totalitarismi del Novecento. I giovani che ne facevano parte erano ispirati ai principi cristiani di fratellanza e di giustizia, credevano nella vita, anche a fronte della barbarie e del disprezzo per l’uomo che il regime aveva messo in atto. Erano animati dal coraggio di una fede più forte dell’odio, della repressione, della morte. Una fede che li aveva spinti ad assumersi tutta la responsabilità delle parole pronunciate e delle azioni compiute per risvegliare le coscienze del popolo tedesco cui appartenevano.