Un caro amico che sta attraversando un periodo di malattia mi ha inviato, qualche giorno fa, questa poesia di Eugenio Montale (Genova 1896 – Milano 1981) per condividere il conforto che la sua lettura gli procura: “Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale/ e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino. / Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio. / Il mio dura tuttora, né più mi occorrono / le coincidenze, le prenotazioni, / le trappole, gli scorni di chi crede / che la realtà sia quella che si vede. / Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio / non già perché con quattr’occhi forse si vede di più. / Con te le ho scese perché sapevo che di noi due / le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate, / erano le tue”.
Pubblicata nel 1971, la poesia è stata scritta da Montale in ricordo della moglie, Drusilla Tanzi, morta nel 1963 e della quale egli sentiva intensamente la mancanza. Come si intuisce dal testo, Drusilla soffriva di una forte miopia che la costringeva a farsi aiutare anche nello scendere le scale. Tuttavia Eugenio era convinto che lei, meglio di lui, riuscisse a vedere “oltre ciò che si vede”.
Belli i motivi di conforto, anche per la nostra vita: avere la gioia di sperimentare il ruolo insostituibile di chi ci è accanto; poterci scambiare attenzioni e delicatezze sempre, ma soprattutto nei momenti di bisogno; riconoscere, con umiltà e intelligenza, che le persone che amiamo spesso hanno uno sguardo più profondo del nostro.
Chi crede può scorgervi anche il sorprendente disegno di Dio che, pur in mezzo a mille difficoltà, ci consente di vivere esperienze così.
Claudio Stercal, Frammenti di Spiritualità, Centro Ambrosiano, Milano 2018