Nell’ottobre 1928, Romano Guardini (Verona 1885 – Monaco di Baviera 1968) – sacerdote e teologo nato in Italia, ma presto trasferitosi in Germania – rivolgendosi ad un gruppo di insegnanti ebbe occasione di precisare la sua idea di educazione: “Educare significa dare a chi viene educato coraggio verso se stesso. Indicare i suoi compiti e interpretare il suo cammino, non il mio. Aiutarlo a conquistare la sua libertà. […] Mettere in moto una storia umana e personale”.
Indicò anche lo “strumento” che riteneva fondamentale per educare: “Discorsi, esortazioni, stimolazioni e “metodi” d’ogni genere. Ma ciò non è ancora il fattore originale. La vita viene destata e accesa solo dalla vita. […] Sta proprio qui il punto decisivo. È proprio il fatto che io lotto per migliorarmi ciò che dà credibilità alla mia sollecitudine pedagogica per l’altro”.
Propose un riferimento anche alla prospettiva religiosa dell’educazione: “Come credenti diciamo: educare significa aiutare l’altra persona a trovare la sua strada verso Dio. […] L’uomo è per l’uomo la via verso Dio. Perché lo possa essere davvero, però, deve egli stesso percorrere quella via. È assurdo parlare a un uomo della strada verso Dio, se non la si conosce per esperienza personale o, almeno, non la si cerca”.
Infine, una parola sullo “stile” dell’educatore: “Non ci è mai lecito ritenerci soddisfatti di noi stessi e credere di essere già formati. Deve sempre rimanere viva una positiva santa insoddisfazione. Siamo figure incompiute, soltanto abbozzate. Siamo credibili solo nella misura in cui ci rendiamo conto che un’identica verifica etica attende me e colui che deve essere educato. Innanzitutto, vogliamo entrambi diventare ciò che dobbiamo essere”.
Considerazioni utili per tutti: sia per chi educa che per chi viene educato. In ogni luogo: a scuola, in famiglia, sul lavoro, nella società civile, nella comunità cristiana…
Claudio Stercal, Frammenti di Spiritualità, Centro Ambrosiano, Milano 2018